La bella verità, Bologna, Sassi, 1762

Vignetta Frontespizio
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera accomodata per la prova d’un’opera.
 
 PETRONILLA, LUIGINO, ANGIOLINA, ROSINA, CLAUDIO, tutti a sedere con carta di musica in mano, TOLOMEO in disparte sedendo. I cinque personaggi suddetti cantano l’ultimo coro del libro intitolato «Le nozze»
 
 coro
 
    Amore discenda
 co’ prosperi auspici
 e renda felici
 gli sposi così.
 
5   Che mai non li turbi
 geloso veleno,
 che mai nel lor seno
 non si spezzi lo stral che li ferì.
 
 Tolomeo
 Bravi, bravi davvero, e viva, e viva.
10Questo coro mi piace e mi raviva.
 Claudio
 Voglia il ciel che quest’opera
 piaccia più di quell’altra.
 Tolomeo
                                                Il ciel lo voglia,
 n’ho bisogno davvero.
 Maledetto mestiero
15che è quel dell’impresario!
 S’hanno mille pensieri e mille guai,
 si perde sempre e non si lascia mai.
 Luigino
 Quest’opera altre volte
 in Bologna ha incontrato.
 Tolomeo
20Un libro fortunato
 certo è stato per me. Monsieur Lorano
 mel fece in quattro dì ma benedetto
 sia il danaro ch’io spesi in tal libretto.
 Rosina
 Dunque allor v’andò ben.
 Tolomeo
                                                 Così e così.
25Mi fu d’un grande aiuto;
 poco è ver ci perdei ma ci ho perduto.
 Angiolina
 Non vorrei questa volta
 ci perdeste assai più.
 Tolomeo
                                         Perché mi fate
 un sì pessimo augurio?
 Angiolina
                                             Vi dirò;
30so che allora avevate
 una buffa assai brava e non vorrei
 che ora per causa mia...
 Tolomeo
                                              Zitto signora;
 non andate più avanti. Il vostro merito
 tutto il mondo lo sa. Siete una giovane
35che sa, che intende, che diletta e piace.
 Nol dico perch’io sia
 di ciò molto intendente;
 dico quel che dagli altri a dir si sente.
 Petronilla
 Ma signor impresario
40dopo quest’operetta,
 che si fa per ripiego, ha destinato
 il libro nuovo che ha di dar promesso?
 Tolomeo
 Cospetto! Vel confesso,
 questo è quel che m’imbroglia e mi molesta,
45non so dove ch’i’ abbia a dar la testa.
 Luigino
 Non vi è tempo da perdere.
 Rosina
 Convien sollecitare.
 Claudio
 Se l’abbiam da imparare
 il suo tempo vi vuole.
 Angiolina
                                          E non è giusto,
50come adesso si fa, che s’abbia sempre
 da studiar con tal fretta e con tal pena
 e s’abbia a andar con precipizio in scena.
 Tolomeo
 Io non so che mi fare. Oh se qui fosse
 quel galantuom che questo libro ha fatto,
55chi sa ch’egli ad un tratto
 uno non ne facesse a’ prieghi miei!
 Oh quanto pagherei... Ma il dirlo è vano.
 Egli forse da noi troppo è lontano.
 Angiolina
 Risolvere convien. (Con forza)
 Claudio
                                     Convien pensare... (Con sdegno)
 Tolomeo
60Maledetto mestier! Non so che fare.
 
    Convien dir che il mio destino
 mi costringa a delirar.
 Il mestiere è malandrino
 ma nol posso abbandonar.
 
65   Fra sartori e fra pittori,
 fra cantanti e ballerini,
 se ne vanno i miei zecchini
 e mi fanno disperar. (Parte)
 
 SCENA II
 
 PETRONILLA, LUIGINO, ANGIOLINA, ROSINA e CLAUDIO
 
 Claudio
 Ei dice e dice e tocca a noi frattanto
70la fatica maggior.
 Angiolina
                                   Qual colpa abbiamo,
 se il libro o se la musica non piace?
 Rosina
 Anzi è nostra disgrazia;
 se la parte cattiva è per natura,
 noi non possiamo far buona figura.
 Petronilla
75Quando nel primo libro
 mi è toccato di far quella partaccia,
 credetemi, signori,
 mi veniano i sudori. I studi miei
 non li ho fatti pel buffo; io non presumo
80d’essere virtuosa;
 poco, è vero, ne so, son principiante
 ma quando una cantante
 del carattere suo si vede fuora
 tutto il poco che sa si scorda ancora.
 Luigino
85È ver; perché un attore
 comparisca un po’ meglio, è necessario
 che gli venga assegnata
 una parte al suo stil bene adattata.
 Io non dico di fare
90da Cesare o Adriano
 ma non è il mio mestier far da villano.
 
    La provida natura
 comparte i doni suoi;
 ma devonsi da noi
95coll’arte coltivar.
 
    Né mai sarà un pastore
 un abile nocchiero
 né condurrà un guerriero
 gli armenti a pascolar.
 
 SCENA III
 
 PETRONILLA, ANGIOLINA, ROSINA e CLAUDIO
 
 Rosina
100Io poi per dir il vero
 non mi prendo di ciò verun pensiero,
 non so bene qual sia
 l’abilitade mia; non so s’io riesca
 nel serio o nel faceto
105ma senza aver di pretension l’inganno
 io faccio volentier quel che mi danno.
 
    Fatemi fare
 la vezzosetta,
 qualche grazietta
110forse averò.
 
    E se ho da dare
 nel sostenuto,
 non lo rifiuto,
 m’ingegnerò.
 
115   Farò di tutto
 passabilmente,
 onestamente
 tutto farò. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 PETRONILLA, ANGIOLINA e CLAUDIO
 
 Petronilla
 Eh si fa presto a dire:
120«Farò di tutto». Sulla scena poi
 il tutto che si sa passabilmente
 per soggezion si riduce al niente.
 Angiolina
 Io certo a recitare
 principiai di buonora,
125sono avvezza al mestier ma tremo ancora.
 Specialmente in Bologna ho più che altrove
 soggezione e timor. Qui si distingue
 chi sa da chi non sa. Quivi non basta
 un po’ di cantucciar; ma è necessario
130recitare a dover. Non v’è nel mondo
 chi conosca il teatro
 e sappia quel che a’ buoni attor bisogna
 più della dotta mia cara Bologna.
 Claudio
 Sì, ma non v’è nel mondo
135chi meglio sappia compatir di lei.
 Anche i difetti miei
 so che son tollerati
 da questi illustri cittadin bennati.
 Petronilla
 Dunque anch’io mi lusingo
140della stessa bontà. Si sa ch’io sono
 debole principiante e se cortesi
 degneran compatirmi,
 valerà il loro dono a incorraggirmi.
 Ma vorrei, se potessi,
145provar quest’aria mia né c’è nessuno
 che mi accompagni.
 Claudio
                                       Che bisogno avete
 d’essere accompagnata?
 Non sapete suonar passabilmente?
 Petronilla
 Ne so poco o niente,
150pure m’ingegnerò.
 Bene o male farò quel ch’io potrò. (Si mette al cembalo e si accompagna da sé e canta)
 
    Fra le tempeste ancora
 tenta il nocchiero ardito
 di ritrovare il lito,
155di superare il mar.
 
    E del nemico fato...
 Ma il cembalo è scordato, (S’alza)
 la mano tocca invano
 i tasti che son guasti
160e non si può sonar. (Parte)
 
 SCENA V
 
 ANGIOLINA e CLAUDIO
 
 Claudio
 Per dir la verità, l’accompagnarsi,
 in donna specialmente,
 non è cosa comune.
 Angiolina
                                      È ver, per camera
 è un nobile ornamento.
 Claudio
165È una prova d’ingegno e di talento.
 Angiolina
 Ecco qui l’impresario.
 Claudio
                                           Allegro è molto.
 Angiolina
 Sì, così lieto in volto
 anch’io per dirla non l’ho mai veduto.
 Claudio
 Dei palchi e delle sedie avrà venduto.
 
 SCENA VI
 
 TOLOMEO e detti
 
 Tolomeo
170Bone nuove, signori.
 Angiolina
                                        E che vuol dire?
 Tolomeo
 Sentite un’avventura,
 un caso, un accidente
 che pare propriamente
 di quei che i commedianti
175fan nascere per via de’ negromanti.
 Quello scrittor mio amico,
 monsieur Loran che tanto
 era da me bramato,
 di passaggio a Bologna è capitato.
 Claudio
180Davver?
 Angiolina
                   Ci farà un libro?
 Tolomeo
 Non so. Tentar conviene.
 Io so che mi vuol bene,
 forse dirà di sì.
 Angiolina
 Io pur ne avrei piacere.
 Tolomeo
                                              Eccolo qui.
 
 SCENA VII
 
 LORANO e detti
 
 Lorano
185Servo, padroni miei.
 Angiolina
 Serva monsieur Lorano.
 Claudio
 Che buon vento, signor, vi ha qui guidato?
 Lorano
 Altrove incamminato
 son per un certo affar ch’ora non dico.
190Ma già che il fato amico
 riveder mi ha concesso
 questo per me sì amabile soggiorno,
 vo’ in Bologna restar per qualche giorno.
 Tolomeo
 S’accomodi, la prego.
195Dategli da seder. (Ad un servitore)
 Lorano
                                   Bene obbligato.
 Tolomeo
 Oh incontro fortunato!
 Angiolina
                                            Oh bella sorte
 di vederla da noi!
 Claudio
                                   Miglior destino
 non si potea bramar.
 Lorano
                                         (Oh via, ho capito;
 han bisogno di me).
 Tolomeo
                                        Starà in Bologna
200lungamente, o signor?
 Lorano
                                           Volesse il cielo
 ch’io vi potessi star quanto desio
 ma a momenti è vicino il partir mio.
 Tolomeo
 Me ne dispiace assai.
 Lorano
                                          Perché?
 Tolomeo
                                                           Per dirla,
 le cose vanno mal. Non ci son libri
205al bisogno addattati.
 Sa quanto delicati
 sono in questo paese e sa l’amore
 che quivi hanno per lei
 e un suo libro, signore, io bramerei.
 Lorano
210Sa il ciel quanto mi duole
 non poterla servir. Sì, lo conosco,
 quanto onor, quante grazie
 quest’illustre città mi ha compartite,
 quanto l’opere mie son compatite.
215Ma io deggio partir.
 Claudio
                                       Se vuol, sappiamo
 quanto presto sa far.
 Lorano
                                        No, caro amico.
 Ogn’anno passa un anno,
 il troppo faticar stanca la mente;
 né più scriver poss’io sì facilmente.
 Tolomeo
220Via, signora Angiolina,
 parli anch’ella. Chi sa! Monsieur Lorano
 non sa dire di no ma specialmente
 colle donne suol esser compiacente.
 Angiolina
 Non ho merito alcuno.
 Lorano
                                           Oh cosa dice!
225Mi chiamerei felice,
 s’io servirla potessi. In altri incontri
 sa ben se di servirla ho procurato.
 Ma non posso restar. Sono impegnato.
 Angiolina
 Pazienza. Il lusingarmi
230di ottener tal finezza è cosa vana.
 S’io fossi una romana,
 forse l’ottenerei.
 Lorano
 Tant’e tanto davvero io partirei.
 Angiolina
 Basta, vi vuol pazienza.
235Signor con sua licenza,
 giacché vano è il parlar, vano è il pregarla,
 dell’incomodo ancor vo’ sollevarla.
 
    Lo so ch’io non merito
 sì grato favor;
240non sono sì amabile
 da vincerle il cor.
 
    Se avessi un occhietto
 languente, furbetto
 usar non saprebbe
245cotanto rigor.
 
    Perdoni, mi scusi; (Facendo qualche riverenza)
 pacienza, signor. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 LORANO, TOLOMEO e CLAUDIO
 
 Lorano
 Cospetto! In verità
 sono mortificato. Un certo effetto
250nell’interno mi fa donna che prega
 che a ressister patisco.
 Tolomeo
                                            E bene adunque
 si lasci persuader.
 Lorano
                                    Non vi è rimedio.
 Claudio
 Quand’è così, gli leverem l’assedio.
 Tolomeo
 Ma non avrebbe almeno
255qualche cosa di fatto?
 Lorano
                                          Oibò; non soglio
 scriver giammai senz’essere spronato.
 Anzi i’ aveva fissato
 di mai più voler fare un dramma buffo,
 tant’io ne sono stomaccato e stuffo.
 Tolomeo
260Ma so pur che in Venezia
 ogn’anno di tai libri
 vossignoria soleva
 comporne due o tre per ordinario.
 Lorano
 È ver, ma l’impresario
265andò in collera meco ed ha ragione.
 Io ho la presunzione
 d’esser da chi mi vuol pagato bene
 e alla sua ecconomia ciò non conviene.
 Claudio
 Ehi signor impresario
270sentite il gergo?
 Tolomeo
                                Come?
 Claudio
                                                Se bramate
 ch’egli scriva per voi, non risparmiate.
 Tolomeo
 Come?
 Lorano
                 Non sono in caso
 in veruna maniera. Ho da partire.
 E poi, per vero dire,
275a un tal componimento
 ho preso abborrimento. Il libro buffo
 è una noia, è un imbroglio,
 non si finisce mai;
 è un seminario di fastidi e guai.
 
280   Quando il libretto è fatto
 forse si è fatto il men;
 s’han da cambiare ogn’atto
 cinque o sei cose almen.
 
    Vien via la canterina:
285«Quest’aria non va bene».
 E grida la mammina:
 «La parte non convien».
 
    Son dieci che comandano,
 comandano e non pagano.
290Io mando i libri al diavolo,
 non me n’importa un cavolo.
 No no, non ne vo’ far.
 Non voglio più impazzar. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 TOLOMEO e CLAUDIO
 
 Claudio
 Se non vuol lasci stare.
295S’egli di non far libri ha stabilito
 neanche il mondo perciò sarà finito.
 Tolomeo
 E che sì, signor Claudio,
 ch’egli il libro ci fa?
 Claudio
                                       Mi par difficile.
 Tolomeo
 Aspettatemi qui. Vo a ritrovare
300un certo cavalier suo protettore,
 di cui ho anch’io l’onore
 d’essere servitor. So quanto egli ama
 monsieur Loran. So qual Loran rispetta
 quest’illustre signor. So qual potere
305hanno del cavaliere
 i comandi, i consigli e i detti usati
 per far fare a suo modo i più ostinati.
 Vo tosto e se s’impegna
 di parlare a Lorano
310il cavalier che ha sì cortese il tratto,
 Loran qui resta ed il libretto è fatto. (Parte)
 
 SCENA X
 
 CLAUDIO solo
 
 Claudio
 Infatti in questo mondo
 più dell’autorità, più assai del grado
 val la dolce maniera. I più stimati
315son sempre i più gentili e chi buon uso
 fa di sua nobiltade e del suo ingegno
 conoscer fa che di tal sorte è degno.
 
    Un’anima altera
 che impone severa
320esige rispetto
 ma sol per timor.
 
    E un cor generoso,
 cortese, amoroso
 con gioia ed affetto
325rispettasi ancor. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 ANGIOLINA sola
 
 Angiolina
 
    Innocenti pastorelle
 quanto invidio il vostro stato!
 Quanto a me saria più grato
 l’umil greggia pascolar.
 
330   Un dì di bene
 non dan le scene;
 sempre si teme,
 talor si freme.
 Cento pericoli
335s’han da passar.
 La sorte instabile
 mi fa tremar.
 
 Dice talun che il nostro
 è il mestiere miglior che diasi al mondo;
340non è ver, non è vero io gli rispondo.
 Pria di tutto non sanno
 quanta pena ci costi
 la musica imparar; non san che sia
 sostener a dovere
345un carattere in scena e qual fatica
 e di petto e di mente
 costi un’aria cantar passabilmente.
 E poi, se per disgrazia
 non si viene a incontrar, non san qual sia
350la smania ed il rossore
 di chi sente gli stimoli d’onore.
 Certo di cuor lo dico,
 cambierei volontier lo stato mio
 e anderei la greggia a pascolar anch’io.
 
355   La mia pace, il mio riposo
 sol godrei fra l’erbe e i fiori,
 fra le ninfe e fra i pastori
 potrei lieta respirar.
 
 SCENA XII
 
 ROSINA, CLAUDIO e la suddetta
 
 Rosina
 Oh, signora Angiolina,
360la sapete la nuova?
 Angiolina
                                     Io non so nulla.
 Rosina
 Monsieur Loran compone.
 Angiolina
                                                   Sì? Ho piacere.
 Claudio
 Fu obbligato a restar dal cavaliere.
 Angiolina
 Dunque a fargli una visita
 vo’ andar col padre mio.
 Rosina
365Vorrei andarvi anch’io.
 Claudio
                                             Non c’è bisogno.
 Lo conosco, lo so, dei complimenti
 è pochissimo amante e a far piacere
 per natura è inclinato
 senz’esser da nessun sollecitato.
 Angiolina
370Può esser ma però
 so ch’ei mi disse sulla faccia un no.
 Claudio
 Lo disse, è ver, ma si vedea quai pene
 gli costava il negar.
 Rosina
                                      Zitto, ch’ei viene.
 
 SCENA XIII
 
 LORANO, TOLOMEO e detti
 
 Tolomeo
 Ecco, signori miei,
375ecco monsieur Lorano
 che al protettore ha resistito invano.
 Lorano
 Scusatemi, madama,
 se quel che ho a voi negato ho altrui concesso.
 Venero il vostro sesso,
380della vostra virtude ho vera stima
 ma, vi chiedo perdono,
 da un incanto maggior convinto io sono.
 Angiolina
 Sì sì, già ve lo dissi;
 s’io fossi quella tal che più vi preme...
 Lorano
385Tutte le donne insieme,
 tutte le grazie e le bellezze unite
 a fronte di un sì amabil cavaliere
 avrian forza minor sul mio volere.
 Tolomeo
 Orsù pensiamo un poco
390a ciò che si ha da far.
 Lorano
                                         Cosa direbbe
 il signor impresario?
 Tolomeo
                                         Io mi rimetto.
 Faccia vossignoria quel che le pare.
 Lorano
 Bramerei d’incontrare
 il genio delle attrici e degli attori.
 Tolomeo
395Via dicano, signori,
 il sentimento loro e dopo anch’io
 dirò senza riguardo il pensier mio.
 Angiolina
 
    Io vorrei un’operetta
 sul mio stile e sul mio far,
400che vi fosse in qualche arietta
 qualche poco da cantar.
 
 Tolomeo
 
    Che vi fosse in qualche arietta
 qualche poco da cantar.
 
 Rosina
 
    Bramerei la parte mia
405disinvolta e spiritosa;
 e una scena vi vorria
 da brillare e da scherzar.
 
 Tolomeo
 
    E una scena vi vorria
 da brillare e da scherzar.
 
 Claudio
 
410   Un carattere novello
 piacerebbemi di far.
 Quel ch’è nuovo è sempre bello
 per piacere ed incontrar.
 
 Tolomeo
 
    Quel ch’è nuovo è sempre bello
415per piacere ed incontrar.
 
 Lorano
 
    Necessario è sopra tutto
 i caratteri addattar,
 anche il bel diventa brutto
 se si vede a strapazzar.
 
 Tolomeo
 
420   Anche il bel diventa brutto
 se si vede a strapazzar.
 
 tutti
 
    Ma l’ore passano,
 convien riflettere,
 convien risolvere
425che s’ha da far.
 
 Lorano
 
    Farà il carattere
 d’un’affettata. (Ad Angiolina)
 
 Angiolina
 
 Non son portata.
 
 Tolomeo
 
 Non è portata.
 
 Lorano
 
430Farà una femmina
 di stil audace. (A Rosina)
 
 Rosina
 
 No, non mi piace.
 
 Tolomeo
 
 No, non le piace.
 
 Lorano
 
 Di farvi io medito
435un prepotente. (A Claudio)
 
 Claudio
 
 No, certamente.
 
 Tolomeo
 
 No, certamente.
 
 Lorano
 
 Ma se si oppongono
 non so che far,
440dev’esser libero
 chi ha da inventar.
 
 Tolomeo
 
    Dev’esser libero
 chi ha da inventar.
 
 Lorano
 
    La parte scaltra. (Ad Angiolina)
 
 Angiolina
 
445La dia ad un’altra.
 
 Lorano
 
 La bacchettona. (A Rosina)
 
 Rosina
 
 Non ne son buona.
 
 Lorano
 
 Un impostore. (A Claudio)
 
 Claudio
 
 No, mio signore.
 
 Lorano
 
450Corpo del diavolo
 cos’ho da far?
 
 tutti
 
    Convien risolvere,
 convien pensar.
 
 Tolomeo
 
    Se mi permette. (A Lorano)
 
 Lorano
 
455Parlate pure.
 
 Tolomeo
 
 Faccia un libretto
 in cui succedano
 degli accidenti
 con dei portenti
460che non s’intendano,
 acciò che il popolo
 per meglio intendere
 la sera prossima
 debba tornar.
 
 Angiolina, Rosina, Claudio a tre
 
465   Eh far lasciamolo
 quel che gli par.
 
 Tolomeo
 
    Poi faccia all’ultimo
 quel che gli par.
 
 tutti
 
    Per ben comporre,
470per riuscir bene
 l’estro che viene
 s’ha d’abbracciar.
 
    Allegramente,
 concordemente
475s’ha per l’onore
 da faticar.
 
 Fine dell’atto primo